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Tavole di San Giuseppe

da Mar 17, 2018Scopri il Salento0 commenti

Le Tavole di San Giuseppe a Giurdignano (e anche in altri paesi limitrofi del Salento e della Terra d’Otranto) sono il fulgido esempio di come si fondano in un unicum, civiltà contadina, fede e devozione verso il Protettore della Sacra Famiglia.
Tradizione contadina, fede, devozione, logiche di comunità sono lo spirito motore che porta alla preparazione delle tavole di San Giuseppe. Proviamo a spiegarvi il perché.

Se desiderate vedere da vicino gli ultimi preparativi delle Tavole e conoscere le ricette e fare qualche piccolo assaggio, dopo aver visitato l’accogliente città di Giurdignano, piccola bomboniera tra Otranto e Maglie, DOVETE ISCRIVERVI ALLA NOSTRA ESPERIENZA SU “LE TAVOLE DI SAN GIUSEPPE A GIURDIGNANO”. POCHI I POSTI DISPONIBILI!!!

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Tavole di San Giuseppe: breve accenno storico

Immaginate di tornare indietro nel tempo. Fonti storiche e documenti della curia, attestano le prime forme di devozione popolare al Santo, attorno al 1500. Intorno alla fine del 1600, da un inventario dei beni parrocchiali, viene menzionato il culto per San Giuseppe e a lui viene edificato un vero e proprio altare.

Il passaggio dal rito greco al rito latino segna la devozione verso il santo

Nella seconda metà del 1700, in alcuni scritti dell’epoca, si manifesta l’esigenza di avere una chiesa più grande ed accogliente, perché, durante le celebrazioni in onore del Santo, la chiesa matrice non riusciva a contenere l’elevato numero di fedeli.
Quindi la presenza delle reliquie e la costruzione di una nuova chiesa con tale scopo, misero in moto lo spirito di comunità per la costruzione di una nuova chiesa, decisamente più grande ed accogliente (1756), completata ed ultimata nel 1759. Nacque così la chiesa di San Salvatore e la famiglia Personé, donò il quadro della Sacra Famiglia che potete ammirare nella chiesa Matrice. Al suo interno, potete trovare le Sante Reliquie di San Giuseppe, della Madonna e di San Fortunato.

La prima statua di San Giuseppe: siamo nell’Ottocento

L’incremento del culto nei confronti del Santo è testimoniato dalla presenza di una pregevole statua di San Giuseppe, risalente all’Ottocento, all’interno della chiesa Matrice.

La Tavola di San Giuseppe: un vero e proprio banchetto devozionale

Le “mense” di San Giuseppe si ritrovano in diversi luoghi del sud Italia: Sicilia, Molise, Abruzzo e a Lizzano (Taranto).
Sono un banchetto sacro, ossia un voto di ringraziamento nei confronti di San Giuseppe per una grazia implorata e ricevuta da parte di una persona che si è impegnata verso il Protettore della Famiglia con un voto.
Il cibo offerto è un pasto sacro contro la carestia, la fame e la morte.
Le Tavole sono rivolte al Santo per assicurarsene la benevolenza divina.
Dei primi pranzi caritatevoli ne parla il Galantino (1444 – 1517), medico umanista per la festa di San Luca, offriva un pranzo ai poveri.
Questa finalità è poi stata trasferita a San Giuseppe, il Protettore dei poveri.

I diversi tipi di Tavola di San Giuseppe accomunate dalla devozione e dal culto al Santo

San Giuseppe è venerato come il Terrore dei Demoni, il Protettore della Famiglia degli artigiani e dei poveri, soprattutto dei bisognosi provenienti dal mondo contadino.
Infatti è il Santo che allontana le carestie permettendo raccolti eccezionali, garantendo così l’abbondanza delle messi.
Per questo motivo, in diverse case, si erigono dei veri e propri piccoli altari per ottenere dal Santo la guarigione da una malattia, la garanzia del lavoro (San Giuseppe Lavoratore) e l’ottenimento di un buon raccolto.
Ed è proprio il Santo a chiedere l’allestimento della Tavola, apparendo in sogno e, di questo, ne abbiamo dato testimonianza, nella video intervista fatta alla signora Lisa.

Le tipologie di Tavola

Diversi sono i tipi di Tavola di San Giuseppe:

  • Tavole per devozione;
  • Tavole per lascito;
  • Tavole pezzenti;
  • Tavole cotte;
  • Tavole crude.

Le Tavole per devozione nascono appunto per l’intervento del Santo che, apparendo in sogno al diretto interessato, chiede l’allestimento della Tavola. La Tavola per devozione non viene mai interrotta per paura della reazione di San Giuseppe.
Le Tavole per lascito si tramandano da madre/padre in figlia/o al momento della morte del genitore.
Generalmente queste sono Tavole per devozione che si trasformano in Tavola per lascito e, i familiari del defunto, le continuano a preparare per non venir meno alla devozione al Santo e per non mancare di rispetto alle ultime volontà del genitore o del parente stretto.
L’altra forma di voto è la Tavola pezzente ossia quella tavola imbandita ed allestita con le elemosine: pane, grano, arance, vino, olio, ceci o piccole offerte in denaro ricevute da vicini di casa, parenti e sconosciuti.
Ricchi e poveri, a piedi scalzi, bussavano alle porte dei vicini in nome di San Giuseppe per chiedere l’elemosina.
“Essi te casa toa e tuzza alle porte e vidi ca se aprene” (Elisabetta Rubrichi sognò il Santo che le diceva così “Esci da casa, bussa alle porte dei tuoi vicini e vedrai che si apriranno”), questo perché San Giuseppe è buono con tutti ed esaudisce tutti.
Le Tavole cotte sono quelle in cui i cibi sono cotti mentre le tavole crude sono quelle in cui tutti i cibi esposti, anche se crudi, rispecchiano la tradizione popolare e devozionale e rappresentano le pietanze della tradizione.

Lo spirito della comunità contadina e la loro operosità nell’organizzazione: il famoso “fastidio di San Giuseppe”

“San Giuseppe ‘ole u fastidiu”, il Santo desidera che le persone si adoperino per la buona organizzazione della Tavola con cuore sincero.
Le famiglie contadine, nel periodo delle prime Tavole, ben conoscono il significato della parola “fastidiu”. La civiltà contadina dell’epoca viveva in condizioni di povertà estrema. Poco cibo, poco denaro, tantissima povertà e miseria.
Il sogno del Santo però attivava in loro un grande spirito di sacrificio perché i poveri salentini erano pronti a sacrificarsi in tutto, pur di esaudire la richiesta del Santo. Rinunciavano ai prodotti della terra migliori, pur di offrirla ai “Santi” commensali. Tutto questo con grande umiltà e grandissima devozione.
Nelle case si lavorava giorno e notte senza sosta. Le massaie salentine, sotto l’occhio vigile della padrona di casa, impastavano, cucinavano, spadellavano e lavavano come in una catena di montaggio, in modo impeccabile.
La fratellanza, la condivisione del sacrificio e lo spirito di comunità rendevano unica la preparazione della Tavola perché stare uniti nel poco, alimentava un forte spirito di fratellanza.
Le case più umili si trasformavano in splendidi altari grazie agli addobbi festosi, ai fiori, alle tovaglie del corredo, finemente ricavate. E questo spirito e questa devozione la si può sentire ancora oggi.

La tavola di San Giuseppe: le pietanze

Le Tavole di San Giuseppe possono essere allestite per un numero dispari di Santi (per richiamare la Trinità e il numero 3): si parte da tre Santi (Gesù, San Giuseppe e la Vergine Maria) fino ad arrivare a tredici Santi (come la tavola della Signora Lisa).
Le pietanze sono le seguenti:

  1. Ruote di pane (dai 5 ai 7 kg di peso) contraddistinto da uno specifico simbolo;
  2. pampasciuni (lampascioni cotti o crudi sott’olio);
  3. Foje (rape, cicorie o cavoli);
  4. Vermiceddhri (vermicelli): pasta fatta in casa;
  5. Pasta cu lu mele (pasta con il miele pan grattato);
  6. Ceci cotti in pignata;
  7. Stoccapisce cu li spunzali (stoccafisso con cipollotto selvatico);
  8. Pesce fritto;
  9. Pittule (pettole);
  10. Fritti al miele: carteddhrate (cartellate) e purceddhruzzi (struffoli);
  11. Finocchio crudo;
  12. Arancia
  13. vino;
  14. olio

Essendo questa una festività che si è sempre avuta in periodo di Quaresima, si rispettava cristianamente l’astensione dalle carni e, per questo motivo, non troverete sulle Tavole carne, uova e latticini.

Il pane per ogni Santo è contraddistinto da un simbolo

I pani della Sacra Famiglia, sono posti al centro della tavola. Tutti i pani presenti nella Tavola di San Giuseppe, sono facilmente riconoscibili perché contraddistinti da simboli:

  • la verga fiorita, ricorda il bastone di San Giuseppe e sulla ruota di pane a lui dedicata, è riportato questo simbolo;
  • tre piccoli pani richiamano la SS. Trinità e sono riportati sul pane di Gesù Bambino;
  • il Santo Rosario: questo è il pane della Beata Vergine Maria;
  • la palma: richiama il pane delle Sante che siederanno accanto alla Sacra Famiglia;
  • un semplice bastone richiama il pane dei Santi commensali;

Le Tavole di San Giuseppe: chi sono i Santi commensali di Gesù, Giuseppe e Maria

I commensali prima di prendere parte alla Tavola di San Giuseppe, dopo essere stati scelti dalla padrona di casa, il giorno in onore del Santo (19 marzo) devono confessarsi e comunicarsi.
Generalmente le Tavole sono organizzate per un numero di Santi che va da tre a tredici.
Quindi, oltre a Gesù, Giuseppe e Maria, a tavola siederanno 10 santi.
Il numero tredici perché ricorda l’Ultima Cena, ricorda i dodici apostoli con Gesù.
L’assaggio delle pietanze comincia con l’espressione rituale “San Giuseppe te l’aggia ‘nsettu” ovvero San Giuseppe gradisca il tuo sacrificio e ti esaudisca/esaudisca la tua richiesta di Grazia.
I Santi presenti a tavola, generalmente, sono i seguenti:

  • San Giuseppe, la Vergine e il Bambino Gesù;
  • i genitori di Maria: San Gioacchino e Sant’Anna;
  • la cugina Santa Elisabetta e il marito San Zaccaria;
  • San Giovanni Battista, cugino di Gesù e figlio di Elisabetta e Zaccaria;
  • San Lazzaro e Santa Marta, gli amici intimi di Gesù;
  • le pie donne, Santa Maria di Cleofa e Santa Veronica;
  • San Giuseppe di Arimatea;

Oppure si possono trovare altri Santi come:

  • talvolta in sostituzione alcuni apostoli come San Filippo, San Giacomo;
  • Sant’Agnese o Sant’Antonio in base alla devozione della famiglia che ospita la Tavola.

L’uomo più anziano impersona San Giuseppe, il più giovane Gesù Bambino, una ragazza non sposata la Vergine.
Gli invitati alla Tavola non possono rifiutare per non arrecare un’offesa al Santo.

Curiosità riguardante gli ospiti

Spesso l’invito a partecipare alla Tavola diventava un’occasione per sedare i contrasti e i litigi tra i membri della famiglia o con il vicinato. La Tavola rappresenta un vero e proprio momento di riconciliazione con il prossimo.
San Giuseppe è il primo a sedersi a Tavola e, il suo posto, è contrassegnato dalla verga fiorita, “u bastone de San Giuseppe”.
Alla sua sinistra, nell’ordine, Gesù Bambino, la Vergine e i parenti più prossimi alla Sacra Famiglia ed infine tutti gli altri Santi.
Con un colpo di bastone da inizio al pranzo mentre, battendo con i rebbi della forchetta nel piatto, invita tutti i commensali a non toccare più quella vivanda.
Ultimato il pranzo, la devota bacia e passa le ruote di pane a San Giuseppe che, a sua volta, le benedice con un bacio e le porge, in base al simbolo che le contraddistingue, ai commensali.
Ogni Santo, a fine cena, deve ritirare tutto il cibo preparato per lui.
I commensali ringraziano la devota con l’espressione “San Giuseppe cu te esaudisca” (San Giuseppe che ti esaudisca).

La Tavola di San Giuseppe è devozione e condivisione

Il fil rouge che ha accompagnato la nostra ricerca sullo studio delle Tavole di San Giuseppe è questo: la devozione, il voto fatto e la condivisione “du fastidiu” con chi aiuta la padrona di casa nella preparazione, sono lo spirito che anima e muove la comunità di Giurdignano per questo importantissimo evento. Vi consigliamo di vedere il nostro video e di partecipare alla nostra esperienza “Tavole di San Giuseppe a Giurdignano”

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